Dalla nascita della Fondazione ai primi problemi: un’eredità ingestibile

Nata la Fondazione, iniziarono i guai”, ci ha raccontato Giuseppe Napolitano, segretario dell’ente ospedale di Putignano che nel 1970 beneficiò del lascito di Mario Logroscino tramite una Fondazione intitolata per espressa volontà del donatore a “Leopardi nella sua Luce”.

IL PERSONALE - Ci si rese subito conto che un ente ospedaliero non aveva alcuna competenza nella gestione di un’azienda agricola. Fu necessario procedere all’assunzione di un perito agrario, individuato nella persona del putignanese Stefano Netti.

LA SEDE – La Fondazione non poteva certo riunirsi in ospedale. Il luogo non era né adatto né opportuno. La sede dell'ente fu individuata in una palazzina adiacente all’ospedale che proprio in quegli anni era stata messa in vendita. La casina apparteneva a Don Arcangelo Angelini, ex Direttore delle Poste a Putignano, che aveva un unico figlio, Alfonso, che viveva a Bologna e non aveva intenzione di rientrare a Putignano. E alla morte dei genitori, infatti, l’immobile fu messo in vendita. “Per noi fu la soluzione migliore”, sottolinea Napolitano.

Risolti i problemi organizzativi, fu il tempo di fare i conti con le proprietà da gestire. 

 
LE PROPRIETÀ INGESTIBILI

PALAZZO LOGROSCINO – “Un giorno si precipita nel mio ufficio Netti – ricorda Napolitano - e mi dice: «Hanno abbattuto la casa di Logroscino». «Come sarebbe a dire?» Chiesi. E mi spiegò che il sindaco di Noicattaro, con la scusa della 'pubblica utilità', in una notte aveva fatto abbattere tutto”.

Da un giorno all’altro, in pratica, non esisteva più niente. Un immobile storico nel pieno centro del paese, proprio di fronte alla piazza centrale, abbattuto in una notte. E i mobili li avevano già portati via i contadini che frequentavano abitualmente la casa di Logroscino.

La Fondazione affidò all’avvocato Giuseppe Chiarolla l’azione legale contro il Comune di Noicattaro, fu presentato un ricorso al Tar. “Ovviamente avemmo ragione e il Comune di Noicattaro fu costretto a rimborsare la Fondazione del valore della casa ingiustamente abbattuta”, sottolinea l’ex segretario Napolitano.

Restano ancora oggi un mistero le ragioni che portarono l’Amministrazione comunale di Noicattaro ad abbattere nel pieno centro cittadino un palazzo storico come quello Logroscino. Livore personale? Vendetta dopo il testamento? Resta un mistero.

Palazzo Logroscino2 rit

 

L’OCCUPAZIONE DEL GALLINARO – La grande masseria sita nel territorio di Noicattaro, nucleo centrale dell’azienda agricola, pochi anni dopo essere passata alla Fondazione fu occupata dagli agricoltori.

Una cooperativa di giovani contadini, con striscioni e forconi, avevano occupato il Gallinaro. In quell’epoca – ricorda Napolitano- in effetti sorgevano un po’ ovunque le cooperative agricole sui latifondi”.

Come la classica goccia che fa traboccare il vaso, la Fondazione inizia a capire che amministrare terreni, per lo più distanti da Putignano, non è fattibile. Prende corpo quindi l’intenzione di vendere la proprietà agricola per rinvestire gli introiti in appartamenti e locali in paese.

Proprio perché il Governo favoriva le cooperative agricole per la conduzione dei terreni abbandonati o semiabbandonati, il Ministero dell’Agricoltura aveva creato una direzione agricola apposita per queste situazioni”, spiega Napolitano. La cooperativa agricola quindi comprò il Gallinaro con i fondi ricevuti dalla Direzione agricola del Ministero e la Fondazione si liberò poi, uno dopo l’altro, di tutti i terreni ereditati da Mario Logroscino.

 

IL FUTURO INCERTO DELL’OSPEDALE E DELLA FONDAZIONE

Fu in quegli anni, a metà del 1970, che si iniziava a parlare di rendere statali gli ospedali. “Il sindaco Filippo De Miccolis ci fece notare che Putignano avrebbe avuto un vantaggio dall’avere sul posto gli uffici centrali della futura Asl – ricorda Napolitano– decidemmo quindi di investire tutto in un grande edificio e siccome non ne esistevano delle dimensioni volute, decidemmo di acquistare un terreno e di costruirlo da zero”. E fu così che il patrimonio di Logroscino fu trasferito tutto nel cosiddetto “palazzo di vetro” dove ancora oggi opera la Fondazione Leopardi nella sua Luce e al cui interno troneggia, proprio di fronte al portone centrale, il mezzo busto del fondatore. Simbolo e pezzo di un mosaico ancora in formazione. Di una storia che piano piano si va ricostruendo per dare piena identità all’ente proprio attraverso il ritratto di chi ne ha determinato la nascita.

 

Rossana Paolillo
Staff Comunicazione "Fondazione Leopardi nella sua luce"


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