Mario Logroscino, il passero solitario in un mondo in continua evoluzione

Maturità classica alle spalle, nessuna laurea, ma una cultura enciclopedica: così è stato descritto Mario Logroscino da chi l’ha conosciuto.

Grande amante della letteratura, com’è noto aveva una predilezione per Giacomo Leopardi. Non si stancava mai di leggere e commentare i suoi componimenti: tra i preferiti c’erano “La ginestra”, “Alla luna” e “Il passero solitario”.

D’in su la vetta della torre antica,
Passero solitario, alla campagna
Cantando vai finché non more il giorno;
Ed erra l'armonia per questa valle.
(da: Il passero solitario - Giacomo Leopardi)

Il componimento è un dialogo con un alter ego nel quale il poeta si riconosce: il passero solitario. Al poeta-passero solitario si contrappone il mondo circostante, che vive gioiosamente un momento di festa. L’analogia fra i due è fondata sulla scelta della solitudine; il passero canta solitario, «pensoso» e «in disparte», il poeta non partecipa ai divertimenti e all’amore che animano la vita della gente.

L’analogia serve anche a fondare una differenza fra il poeta e il passero: quella che per il passero è una scelta necessaria e indolore, perché indotta dalla natura, per il poeta è una scelta a volte dolorosa.

«Quando parlava di Leopardi sembrava parlasse di sé stesso» racconta Giuseppe Dipierro che ha abitato a Palazzo Logroscino diversi anni «vedeva la sua vita come quella del passero solitario»

Una condotta di vita morigerata lo ha contraddistinto, lontana dai vizi e dalle abitudini delle persone della sua classe sociale (come quello di riunirsi per giocare a carte), ma anche dagli oggetti tecnologici che iniziavano a entrare nelle case delle persone e a plasmarne la quotidianità.

A Palazzo Logroscino, infatti, non c’era il frigorifero, la lavatrice, il telefono o la televisione.

Per coloro che sono troppo giovani per ricordare il mondo di prima del 1914, dev'essere difficile immaginare il contrasto, per un uomo della mia età, fra i ricordi infantili e il mondo d'oggi. Io cerco, ma con mediocre successo, di assuefarmi a un mondo di imperi in sfacelo, di comunismo, di bombe atomiche, di emancipazione dell'Asia, d'aristocrazia in rovina. In questo strano e insicuro mondo, dove nessuno può sapere se sarà vivo domani, e dove gli antichi stati svaniscono come bruma mattutina, non è facile, per coloro che in gioventù erano abituati alla solidità di un vecchio mondo, credere che ciò di cui essi stanno facendo esperienza sia la realtà e non un effimero incubo. Ben poco sussiste di quelle istituzioni e di quei modi di vita che, quand'ero ragazzo, sembravano non meno incrollabili del granito.
(Incipit di Ritratti a memoria - Bertrand Russell)

Don Mario era un estimatore anche del filosofo e logico Bertrand Russell, di cui ne apprezzava la chiarezza e la precisione del ragionamento, oltre ai principi di libertà di pensiero e ateismo.

Il sentirsi un uomo di un altro tempo, come descritto da Russel nell’incipit di “Ritratti a memoria”, fu una sensazione che lo accompagnò nell’ultima parte della sua vita. Nell’agosto del 1970 si ammalò di bronchite, ma rifiutò le cure. «Mi chiese di andare dall’infermiere che l’indomani sarebbe venuto a palazzo per cominciare la terapia e comunicargli di non venire più» afferma Dipierro «era lucido e consapevole, fu una sua scelta».

Rimasto solo dopo la morte dei familiari, spaesato dai cambiamenti della società e dell’impatto che avevano sulla vita di tutti i giorni, decise di vivere in solitudine i suoi ultimi momenti. 

E tu, lenta ginestra,
che di selve odorate
queste campagne dispogliate adorni,
anche tu presto alla crudel possanza
soccomberai del sotterraneo foco,
che ritornando al loco
già noto, stenderà l'avaro lembo
su tue molli foreste.
(da: La ginestra - Giacomo Leopardi)


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